Il concerto è preceduto da un pistolotto dell'assessore e da uno dell'organizzatore che si lamentano: insomma pare che anche nella ricca padania la gente non sia disposta a muovere il culo e a riempire le sale nemmeno quando suonano dei grandi come stasera: strano, in questa Italia che trasuda cultura da ogni tombino; mi viene però il dubbio che i grandi lo siano solo per un gruppo piccolo di appassionati (i presenti, appunto).Vabbè, pazienza e godiamoci il concerto, ringraziando chi si sbatte per organizzare (questa volta è Geomusic).
Hitchcock è un "ragazzo" moooolto inglese ben invecchiato, che parla un italiano mooolto strano e la sua camicia non delude le aspettative. Inizia con "I often dream of trains", forse il suo pezzo più conosciuto (dai suoi 25 fan, ovvio) e veramente di colpo si sente Londra, si sentono i primi Pink Floyd, i primi anni '70, si sentono simpatici profumi nell'aria. Suona un'acustica in maniera abbastanza originale accompagnato da una violoncellista. Le presentazioni dei brani sono fatte in un italiano talmente improbabile e surreale da far dubitare che le abbia preparate prima. Nei bis tre cover: una splendida "A day in a life" assieme all'emozionato Marco Grompi dei Rusties (che avevano aperto la serata), un'inaspettata "Cristal ship" dei Doors che mi ha commosso (perchè la so a memoria da più di trent'anni) e per finire una quasi doverosa "River man" di Nick Drake.
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